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Pietro Grassi (Bartolomeo) (1802. - 1903.) Foto più antica di un pescatore di Umago, ma anche del pescatore più longevo che visse fino a 100 anni

…..Era un lusso per i pescatori, che si preoccupavano di più di proteggere gli stivali che le mani. Una volta, mio padre, 50-60 anni fa, utilizzava 20 reti che insieme raggiungevano i 360 m; oggi, invece, mio figlio utilizza un’unica rete da 5 km.

Danilo Latin, pescatore di Zambrattia (1960)

Pescatori

In passato la pesca professionale non era un’attività molto diffusa a Umago, nonostante la vita lungo la costa fosse fortemente legata alla pesca stessa. Infatti, il commercio del pesce non era ben sviluppato e spesso i pescatori si trovavano a barattare il pescato con i prodotti agricoli. La pesca era un vero e proprio mestiere solo per un numero esiguo di abitanti di Umago e di Salvore; nella maggior parte dei casi si trattava di un’attività complementare a quella agricola. In effetti, molti pescatori venivano impiegati solo durante la stagione della pesca, quando diventavano pescatori per un giorno. Nelle famiglie di pescatori, questa tradizione si è tramandata di generazione in generazione. Il capofamiglia era anche il capobarca, dove l’equipaggio era composto da figli, fratelli e nipoti.

Il primo elemento di svolta per i pescatori fu l’introduzione del motore dopo la Seconda guerra mondiale, seguito dall’acquisto di stivali di gomma, dalla sostituzione delle reti in cotone con reti sintetiche più leggere e dall’installazione di un verricello meccanico per sollevare le reti, che a Umago apparve negli anni ‘70.

I pescatori sono spesso raffigurati con i volti e le fronti solcate dal sole e dal vento. Non si vedono le mani callose, i palmi induriti dalla salsedine e dalle reti, né la schiena ricurva a causa dei remi e delle corde.

Predrag Matvejević, (Breviario mediterraneo)

Famiglie di pescatori

Nel corso del XIX sec. i pescatori di Umago appartenevano in genere alle famiglie Favretto, Grassi, Venturin e Vittor, alcuni anche alle famiglie Vidali, Giraldi, Sodomaco e Bessich. All’inizio del XX sec., aumentò il numero di pescatori professionisti provenienti da altre famiglie, tra cui i Majer, Zancola, Latin e Bose.

…..…Tre pescatori professionisti lasciavano il porto di notte, con un fagotto contenente la cena, cioè un contenitore con il cibo avvolto in un grande fazzoletto (un asciugamano) che consumavano sulla barca dopo aver calato le reti.

Giuseppe Bessich, (Umago Viva 14.) ricordi prebellici.

Famiglia Favretto (Teno)

Genitori: Luigi e Barbara (Giraldi)

FONTE: HR-DAPA-78, Capitaneria di porto Rovigno,
b . 51, 63

Famiglia Grassi

Genitori: Giovani Grassi (1855-1935) e Maria (Favretto)

FONTE: HR-DAPA-78, Capitaneria di porto Rovigno,
b . 51, 63

Famiglia Grassi

Genitori: Giuseppe e Antonia (Bose)

Famiglia Giraldi

Genitori: Angelo e Maria (Sforzina)

Famiglia Giraldi

Genitori: Ernesto e Albina (Bubich)

FONTE: HR-DAPA-78, Capitaneria di porto Rovigno, b . 51, 63

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Domenico Bessich, vicepresidente dell’Unione dei pescatori, 1908 (HR-DAPA-78, Capitaneria di porto Rovigno, b. 63)

Associazioni di pescatori

Per secoli – e quasi fino all’inizio del XX sec. – i pescatori di Umago erano riuniti in una confraternita, dedicata all’apostolo-pescatore Sant’Andrea, per proteggere il proprio status. Dal 1908 si riunirono nell’Unione dei pescatori, alla cui guida inizialmente ci furono il presidente Giuseppe Grassi e il vicepresidente Domenico Bessich.

Ogni anno il 30 novembre, a Umago era consuetudine celebrare Sant’Andrea con una messa solenne che si teneva in presenza delle autorità cittadine, di tutti i pescatori e delle loro famiglie. Si trattava di una giornata speciale, dedicata al mestiere della pesca, quando il parroco benediva le barche in riva, mentre i pescatori gli donavano del pesce in cambio. I bambini visitavano le case dei pescatori e cantavano l’inno di Sant’Andrea: Sant’Andrea pescatore, che pescava in Galilea, tuti i pesci che ‘l ciapeva, a tuti noi el ne li devideva… Viva apostolo S. Andrea. Anche loro venivano premiati con del pesce per questa canzone. Oggi, la tradizione di celebrare Sant’Andrea viene perseguita a Salvore.

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Operai dell’Arrigoni: Amabile Bose, Caterina Bernich (Danbela), Antonia Latin (de Anna), Maria Monticolo (de Lisa).Mario Sodomaco, Emma Corsi, Mario Zacchigna (Graziano) 1924.
(UV, 59.)

Sono arrivata a Umago il 16/ 8/1957 da Visinada. I miei mi dissero: ma dove vai? Mio padre mi disse di vedere per un paio di giorni se mi piaceva, se no di tornare a casa. Quanti anni aveva quando è venuta? Diciassette. Mi lasciarono venire perché c’era mio fratello. Tra gli operai c’erano anche donne locali? Ce n’erano, ma erano tutte più anziane. In fabbrica, la maggior parte di noi era giovane e tutte lavoravano a cottimo, tutte venute a Umago. Qui i capi erano italiani e se non parlavi l’italiano ti chiamavano s’ciava. Sapevo un po’ di italiano, ma parlavo l’istriano…

Livia Tirello (nata Ritoša, 1940) era un’operaia della fabbrica Dragonja.

LE DONNE E LA PESCA

Le donne non facevano le pescatrici di mestiere, ma molto spesso aiutavano i mariti a pulire e a rammendare le reti, e a vendere il pesce. Spesso andavano a pesca di granseole. Le raccoglievano dalla costa in febbraio, nei periodi di bassa marea. Anche l’estrazione di conchiglie (cape) e gasteropodi (naridole) era un lavoro da donne. Le donne che vivevano in via della Madonna avevano come passatempo l’estrazione di vongole (catar cape) dalla zona dell’attuale costa nuova (Nova obala). Quando arrivavano i primi freddi, soprattutto in gennaio durante le basse maree, in quell’area emergevano bellissimi banchi di sabbia con fango e alghe, idonei per la riproduzione di questo tipo di conchiglie. Le donne vi giungevano nelle prime ore del mattino, con due utensili indispensabili: un vecchio coltello da cucina per tastare il fango ed estrarre le conchiglie, e una pentola per raccoglierle, possibilmente dotata di un foro per eliminare subito l’acqua. Raccoglievano le conchiglie fino a sera, quando tornavano a casa infreddolite, ma soddisfatte del bottino raccolto.

Le donne erano la principale forza lavoro della fabbrica di lavorazione del pesce, aperta da Sanquinetti negli anni ‘20 e proseguita successivamente da Arrigoni. All’epoca, lo stabilimento di Umago contava 400 operai, di cui la maggior parte erano donne. Nel 1938 l’industria del pesce istriana contava addirittura 3899 dipendenti, di cui l’80% erano donne. Dopo la Seconda guerra mondiale, la produzione proseguì nell’ambito della fabbrica Dragonja, dove lavoravano donne provenienti dai villaggi limitrofi, ma anche dall’interno e dai posti più remoti dell’Istria.

Qui intorno alle mani era tutto corroso dall’olio e dalla salsedine del pesce, se ti toccavi la pelle era salata… Ti bruciava tutto dal mare e dal sole… Anche il sangue scorreva lungo le mani… So che una collega mi puliva il sangue dalle mani… Il grembiule mi irritava la pelle e mi ha avvolto con uno straccio che aveva lì, che avevano stirato con il ferro da stiro per i batteri (per disinfettarlo)…

Livia Tirello (nata Ritoša, 1940) ha raccontato che si lavorava anche fino a 24 ore al giorno e alla fine le operaie si lavavano in mare, davanti alla fabbrica, per togliere l’odore, il sale, l’olio e le scaglie di pesce.

BAMBINI PESCATORI

A causa delle condizioni sociali ed economiche dell’epoca, anche i più giovani cercavano lavoro, tanto che all’inizio del XX secolo le licenze di pesca si rilasciavano anche ai ragazzi dai 13 anni in su. In questo modo era possibile avviare la propria carriera da pescatore sin da adolescenti, in ambito familiare o trovando lavoro su un’altra barca, detta padrona, dapprima come aiutante pescatore, marinaio o come vogatore.

…Andavo a pescare con mio nonno Antonio Tirello (Nando) da quando avevo sette anni. Pescavamo usando la rete o la pus’cia.

Francesco Zacchigna,di San Lorenzo (1953.)

Quando è andato a pescare con la barca per la prima volta? Avevo 10 anni. Cosa si pescava all’epoca? Quella volta non si andava a pescare, ma a prendere il pesce perché ce n'era talmente tanto. Sceglievamo solo quello migliore, più grande... Era diverso da oggi, ce n’era tanto...
Aurelio Cociancich (Lello), di Salvore (1935)

Cosa sono le peschiere?

In passato, la pesca per la popolazione locale si svolgeva prevalentemente in acque costiere poco profonde, a un miglio dalla costa in un’ampia fascia di mare, mentre il mare aperto era destinato per lo più ai pescatori di Chioggia (Cioxoti).

Nei periodi di amministrazione austriaca e italiana, lungo la costa si praticava la pesca artigianale e la chiusura stagionale delle valli. Durante le migrazioni naturali, i pesci si rifugiavano nelle valli, che venivano chiuse per la pesca. Tradizionalmente, tali aree venivano chiamate zone di pesca – peschiere e quelle più sviluppate si trovavano nell’Istria nord-occidentale. Lungo la costa di Umago esistevano quindi diverse peschiere naturali, che corrispondevano ai possedimenti dei grandi proprietari terrieri, del comune e della chiesa. I proprietari davano in concessione parti di mare alle famiglie di pescatori locali, alle associazioni di pescatori o a cittadini in regime di vantaggio, che pagavano la concessione in denaro o corrispondendo parte del pescato.